Tassa sulla salute per frontalieri: i lavoratori chiedono che sia abolita

Post del: 17.02.2025

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Le lavoratrici e i lavoratori frontalieri sono pronti a dare battaglia contro la cosiddetta “tassa sulla salute“, introdotta dal Governo italiano e ritenuta ingiusta e incostituzionale dai sindacati svizzeri e italiani.

La questione è stata al centro dell’Assemblea internazionale dei frontalieri, svoltasi a Varese il 15 febbraio, e ha visto la partecipazione di sindacati come UNIA, VPOD, OCST, SYNA, Syindicom e CGIL, CISL e UIL, oltre a rappresentanti politici e amministratori locali.

Tassa sulla salute: Un contributo contestato

La norma contestata impone ai “vecchi” frontalieri, ovvero coloro che già lavoravano in Svizzera prima del nuovo accordo fiscale del 2023, un contributo medio di 110 euro mensili per il finanziamento della sanità di confine.

Secondo i sindacati, questa misura rappresenta una doppia imposizione, in quanto l’Italia continua a incassare il 40% delle imposte versate dai frontalieri in Svizzera, e ora chiede un ulteriore prelievo del 3-6% della retribuzione netta per un servizio sanitario che i lavoratori hanno già finanziato.

“Questa tassa viola apertamente gli accordi internazionali tra Italia e Svizzera“, ha dichiarato Giuseppe Augurusa della CGIL. “Non possiamo accettare che venga introdotto un balzello aggiuntivo senza alcun fondamento giuridico.”

Le richieste: Cancellare la Tassa sulla salute e rivedere le politiche per i frontalieri

Le organizzazioni sindacali hanno chiesto con forza l’abolizione della tassa sulla salute e il rispetto dell’Accordo fiscale italo-svizzero. Inoltre, hanno sollevato altre questioni che penalizzano i lavoratori frontalieri, tra cui:

  • L’indennità di disoccupazione NASPI, prevista dalla legge 83/2023, che deve essere equiparata a quella svizzera, ma che non è ancora stata applicata;
  • L’assegno unico e universale, la cui normativa attuale discrimina i frontalieri, motivo per cui l’Italia è stata posta sotto procedura d’infrazione dalla Commissione Europea;
  • L’uso delle risorse dei ristorni fiscali, che dovrebbe garantire investimenti mirati nei Comuni di frontiera.

“Non vogliamo solo cancellare questa tassa ingiusta, ma anche ricostruire un modello di tutele per i frontalieri che sia chiaro, equo e rispettoso degli accordi bilaterali”, ha affermato Andrea Puglia dell’OCST.

La strategia: ricorso alla giustizia e pressing istituzionale

Se il Governo italiano non ritirerà la tassa sulla salute, i sindacati sono pronti a ricorrere alla giustizia per sollevare la questione di costituzionalità della norma. Inoltre, intendono intensificare il dialogo con le istituzioni italiane e svizzere, chiedendo un confronto tecnico con i ministeri coinvolti per trovare soluzioni condivise.

Marco Contessa della CISL ha sottolineato che “prima di arrivare ai tribunali, vogliamo sederci a un tavolo tecnico per risolvere questa problematica in modo costruttivo. Ma se non otterremo risposte, siamo pronti a intraprendere azioni legali.”

Un problema ancora aperto: le difficoltà di applicazione

Oltre alla questione di legittimità, si pone anche un problema pratico: la tassa dovrebbe essere calcolata sui dati fiscali dei frontalieri, ma i Cantoni svizzeri non possono fornire queste informazioni, poiché l’accordo bilaterale non lo prevede.

Il Governo italiano ha quindi introdotto un meccanismo di autocertificazione, che però non è chiaro né per i lavoratori né per le Regioni.

“Si tratta di una norma confusa e difficilmente applicabile, che rischia di creare ulteriori incertezze e discriminazioni”, ha aggiunto Augurusa.

Frontalieri pronti alla mobilitazione

La battaglia dei frontalieri contro la tassa sulla salute è solo all’inizio. Grazie alla mobilitazione sindacale, sono già stati ottenuti alcuni risultati, come la tassazione agevolata per alcuni lavoratori precedentemente penalizzati.

Tuttavia, le questioni aperte restano molte, e i sindacati sono determinati a proseguire la lotta.

“Il Governo italiano, con atti unilaterali e contraddittori, sta cercando di smontare anni di conquiste per i lavoratori frontalieri. Non possiamo permetterlo”, concludono i rappresentanti sindacali. “Continueremo a difendere i diritti di chi ogni giorno attraversa il confine per lavorare.”

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