Post del: 04.06.2025
Negli ultimi anni la sostenibilità è stata al centro delle strategie comunicative di molte aziende. Tuttavia, oggi qualcosa è cambiato. Sempre più imprese, sia in Svizzera che a livello internazionale, stanno scegliendo di non parlare più apertamente del proprio impegno ambientale o sociale. Non si tratta di un disinteresse verso il clima o la biodiversità, ma di una nuova strategia difensiva: il Greenhushing.
Solo pochi anni fa era comune vedere aziende pubblicizzare ogni piccolo passo verso la sostenibilità. Campagne pubblicitarie, post sui social media, rapporti di sostenibilità e slogan ambientali erano ovunque. Oggi, invece, molte di queste voci si sono spente.
Il cambiamento è visibile soprattutto nel linguaggio istituzionale e nella comunicazione esterna. Il motivo? Secondo molti osservatori, le aziende temono di esporsi troppo. Fare promesse ambientali può oggi generare critiche, accuse di ipocrisia o addirittura procedimenti legali, specialmente in mercati regolamentati come gli Stati Uniti o l’Unione Europea.
Negli Stati Uniti, la questione è diventata profondamente politica. Settori conservatori accusano le aziende “green” di fare attivismo, mentre organizzazioni e movimenti progressisti criticano l’insufficienza delle azioni concrete. Il risultato? Le imprese si ritrovano sotto attacco da entrambi i fronti.
Un caso emblematico è quello di BlackRock, colosso della gestione patrimoniale, che ha ridotto le sue dichiarazioni pubbliche sulla sostenibilità dopo anni in prima linea. Allo stesso modo, H&M ha eliminato il suo marchio “Conscious Choice”, mentre aziende come Nestlé ed EasyJet hanno smesso di etichettare i loro prodotti come “carbon neutral” se ottenuto solo attraverso certificazioni.
Un’indagine condotta da South Pole, società con sede a Zurigo attiva nella protezione del clima, ha mostrato che quasi il 60% delle aziende intervistate intende limitare le dichiarazioni pubbliche sui propri obiettivi climatici. Il motivo principale? Evitare problemi futuri.
Sabine Döbeli, CEO di Swiss Sustainable Finance, spiega che molte aziende preferiscono non sbilanciarsi con affermazioni difficili da sostenere con dati precisi, soprattutto se operano su scala internazionale e devono adeguarsi a normative diverse e in evoluzione. L’incertezza legislativa in Europa, ad esempio, porta molte realtà a optare per una comunicazione minimale.
Il termine “greenhushing” deriva dall’inglese “to hush” (tacere) ed esprime la scelta deliberata di minimizzare la comunicazione delle azioni ambientali intraprese. A differenza del greenwashing – in cui si esagera o si costruisce una falsa immagine “verde” – il greenhushing è una forma di autocensura.
Nadine Strauss, docente di comunicazione strategica all’Università di Zurigo, distingue due forme: da una parte chi nasconde volontariamente dati, dall’altra chi comunica solo quando ha elementi solidi per farlo. Secondo la studiosa, questa seconda forma può anche essere letta in chiave positiva, come segno di maturità e responsabilità.
Nonostante questa ritrosia a parlare di sostenibilità, i dati mostrano che molte imprese svizzere continuano a impegnarsi seriamente. I rapporti di sostenibilità delle aziende SMI confermano che la maggior parte ha ridotto le proprie emissioni di CO2 nell’ultimo anno. Ma, a differenza del passato, lo fa senza clamore mediatico.
Nei documenti ufficiali le parole sono più misurate, i numeri più verificabili, e le promesse più caute. È un cambiamento che riflette una nuova fase della responsabilità d’impresa, più riservata e focalizzata sui risultati concreti, piuttosto che sull’apparenza.
Il greenhushing non significa necessariamente disimpegno, ma riflette la complessità del comunicare la sostenibilità oggi. Le aziende camminano su un filo sottile tra trasparenza, pressione politica e aspettative del pubblico. La sfida del futuro sarà trovare un equilibrio tra il fare e il dire, con l’obiettivo di mantenere la fiducia senza rinunciare all’ambizione climatica.
Greenhushing è un termine inglese che unisce le parole “green” (verde, in riferimento all’ambiente) e “hushing” (tacere), e indica la scelta deliberata di un’azienda di non comunicare o minimizzare la comunicazione riguardo alle proprie iniziative ambientali o sostenibili, per evitare critiche, accuse di ipocrisia (greenwashing), o rischi legali e reputazionali.
In pratica, è l’opposto del greenwashing: mentre il greenwashing consiste nell’enfatizzare o fingere un impegno ecologico per migliorare l’immagine aziendale, il greenhushing comporta il silenzio strategico, anche quando l’azienda fa effettivamente qualcosa di positivo per l’ambiente.
In sintesi, il greenhushing è una forma di autocensura ambientale dettata dalla cautela, ma che può rendere meno trasparente l’impegno delle imprese verso la sostenibilità.
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